La Ciudad de las Sombras Felices

La Città delle Ombre Felici

*Reading Time: 3 minutes

In una città molto speciale, dove il sole splendeva sempre forte e le strade erano piene di colori vivaci, accadeva qualcosa di curioso: le ombre prendevano vita durante il giorno. Non erano ombre comuni, come quelle che si muovono solo quando uno cammina. Queste ombre ballavano, giocavano e persino aiutavano la gente con piccole commissioni. Potevi vedere un’ombra reggere un ombrello per qualcuno o spingere un carrello della spesa mentre il suo proprietario sceglieva la frutta al mercato.

Ma Martina, una bambina di nove anni con lunghe trecce e uno zaino pieno di matite colorate, non era contenta della sua ombra. Da quando aveva memoria, la sua ombra era sempre stata lì, seguendola senza sosta. «Perché non puoi lasciarmi in pace?» diceva Martina, aggrottando la fronte ogni volta che vedeva la sua figura scura proiettata a terra. La sua ombra cercava di farla ridere, muovendosi in modi buffi o imitando i suoi passi di danza, ma Martina la ignorava.

Un giorno, accadde qualcosa di strano. Martina uscì di casa al mattino e notò che la sua ombra non c’era. All’inizio, pensò che fosse un sollievo. «Finalmente starò tranquilla!» disse, sorridendo mentre camminava verso il parco. Ma presto iniziò a sentirsi strana. Senza la sua ombra, sembrava mancare qualcosa. Inoltre, quando arrivò al parco, vide qualcosa di sorprendente: tutte le ombre della città erano scomparse. I bambini correvano senza le loro figure scure dietro di loro, i cani trotterellavano senza ombre ad accompagnarli e persino gli alberi sembravano più solitari senza i loro riflessi a terra.

Martina decise di indagare. Trovò il suo amico Tomás, che sembrava preoccupato. «Dove sono le ombre?» chiese Martina. Tomás si strinse nelle spalle. «Ho sentito che se ne sono andate perché nessuno le apprezzava. Dicevano che le ignoravamo sempre.»

Martina sentì un nodo allo stomaco. Ricordò tutte le volte in cui aveva trattato male la sua ombra, come se fosse qualcosa di fastidioso che non meritava attenzione. «Forse io sono parte del problema,» pensò.

Quella notte, mentre tutti dormivano, Martina ebbe un sogno strano. Si trovò in un luogo buio, ma non dava paura. Era come un bosco pieno di luci soffuse che fluttuavano nell’aria. Improvvisamente, apparve la sua ombra davanti a lei. Non era più piatta e nera come sempre; ora aveva forma e brillava, come se fosse fatta di stelle.

«Perché te ne sei andata?» chiese Martina, avvicinandosi lentamente.

«Ce ne siamo andate perché ci sentivamo invisibili,» rispose la sua ombra con voce dolce. «Non chiediamo molto, solo un po’ di affetto e riconoscimento. Vogliamo essere utili, non una seccatura.»

Martina abbassò lo sguardo, vergognandosi. «Mi dispiace. Non ho mai pensato a come ti sentivi. Ho sempre creduto che mi seguissi solo perché dovevi farlo.»

La sua ombra sorrise debolmente. «Ti seguiamo perché vogliamo stare con te. Siamo parte di te, Martina. Ma anche noi abbiamo sentimenti.»

Martina annuì, determinata. «Voglio che torni. E voglio aiutarti a riportare indietro tutte le altre ombre. Cosa posso fare?»

La sua ombra indicò un sentiero illuminato da piccole luci. «Devi andare nella Valle dei Riflessi. Lì troverai le altre ombre. Ma ricorda, per farle tornare, devi dimostrare che le apprezzi davvero.»

Al risveglio, Martina sapeva cosa fare. Corse verso la Valle dei Riflessi, un luogo misterioso fuori dalla città. Quando arrivò, vide centinaia di ombre riunite, alcune che giocavano tra loro, altre semplicemente sdraiate sotto gli alberi. Sembravano tutte tristi, come se sentissero la mancanza dei loro proprietari.

Martina si fermò in mezzo alla valle e alzò le mani. «Ombre! Mi dispiace di avervi ignorato! Mi dispiace che tutti vi abbiamo trattato male! Voi non siete solo le nostre compagne; siete parte di noi. Ci aiutate, ci proteggete e rendete tutto più divertente. Prometto che non vi darò mai più per scontate!»

Le ombre rimasero in silenzio per un momento, come se stessero riflettendo su ciò che Martina aveva appena detto. Poi, un’ombra piccola si avvicinò timidamente. Era l’ombra di un bambino che aveva conosciuto al parco. Poco a poco, le altre iniziarono a muoversi, avvicinandosi a Martina.

Alla fine, la sua stessa ombra apparve davanti a lei. «Grazie, Martina,» disse, sorridendo. «Credo che possiamo tornare, ma solo se prometti di ricordare sempre che siamo qui.»

Martina annuì con fermezza. «Lo prometto.»

Quando Martina tornò in città con le ombre, tutto tornò alla normalità. Le ombre ripresero le loro attività, ma questa volta la gente le trattava diversamente. I bambini giocavano con le loro ombre, facendole saltare e ballare. Gli adulti le ringraziavano per piccoli gesti, come tenere le loro borse o proteggerli dal sole. Martina, dal canto suo, imparò ad apprezzare la sua ombra. Insieme inventavano nuovi giochi ed esploravano la città come se fossero due amiche inseparabili.

Da allora, la città divenne nota come «La Città delle Ombre Felici». Tutti capirono che anche le cose che ci accompagnano in silenzio hanno un grande valore. E Martina, ogni volta che vedeva la sua ombra riflessa a terra, le sorrideva, sapendo che non l’avrebbe mai più data per scontata.

Fine.

This work is licensed under